sogno o son morto? – around Fellini’s never realized movie..

Irene Pozzi

SOGNO O SON MORTO?
Sogno e morte ne Il viaggio di G. Mastorna ed in altri viaggi felliniani

1-E’ vita anche la morte: un inferno terreno

“Allora diciamo così: ammesso che ce ne sia bisogno il senso del film dovrebbe essere questo: noi proiettiamo in una dimensione che generalmente chiamiamo aldilà il cumulo delle nostre speranze, della nostra prigione educativa, della nostra ignoranza, senza renderci conto che questo aldilà, inventato, mistificato, moralistico, condiziona inevitabilmente la nostra vita di qua, che di conseguenza viene a sua volta inventata e mistificata; in altre parole, impegnata in falsi schemi.
L’allegro pasticcio che voglio tradurre in film tenderebbe ad oggettivare questo aldilà così come il protagonista (e la maggior parte di noi con lui) se lo immagina ed a suggerire la liberazione del personaggio.” 1

Il viaggio di G. Mastorna è il percorso di un uomo che “attraversa le regioni del suo essere umano2” ed oltre la botola dell’ inconscio (del personaggio- Mastorna che è proiezione di quello dell’autore3) arriva, dopo avere demistificato il mondo dell’aldilà, alla liberazione.
Quell’ “allegro pasticcio” di cui parla Fellini è la vicenda tutta umana (e caotica per l’appunto) di un’esplorazione in una dimensione che è ultraterrena ed onirica insieme4, e mantiene con minuscole deviazioni ed incongruenze le fattezze di quella terrena .
Del resto, come riporta la testimonianza di Ercole Sega, compagno del liceo di Fellini, il regista sognava già a quel tempo di realizzare un film sull’aldilà per poter così sostenere, in aperta polemica con Dante, “che nei regni ultraterreni non esisterebbe quell’ ordine perfetto, quell’ infallibile rispondenza fra pena e castigo, fra virtù e ricompensa celeste, che il Divino ha immaginato, bensì “lo stesso casino che abbiamo qui in terra””5.
Già dall’inizio del soggetto il mondo ultraterreno viene trattato come qualcosa di non separabile dalla sfera umana: il passaggio dal mondo reale a quello ‘altro’, infatti, non è né una discesa al mondo degl’ inferi, né una salita al cielo, ma un atterraggio, nel senso di approdo ad un mondo’altro’ a livello-terra.
Fellini crea così un aldilà che si trova in linea con l’immaginario creatosi a partire dal XX secolo6, in cui il mondo dopo la morte non differisce più dal mondo terreno, perché collocare la vita dopo la morte in una dimensione infernale o paradisiaca vorrebbe dire forzare l’uomo a deviare la propria esistenza terrena in tutte le sue scelte, mistificandola, nella prospettiva di un passaggio ad una nuova dimensione già arbitrariamente preparata.
Questa concezione di un aldilà terreno è un motivo che ricorre in più opere di Fellini, ne “l’Inferno”, ad esempio, altro soggetto-scaletta scritto per la NBC (per la serie TV “Bloc-Notes di un Regista” ) che condivide con “Il viaggio di G. Mastorna” il suo destino di sceneggiatura mai realizzata. Qui l’autore (diviso in tre nella veste di narratore, regista e fantoccio) mette se stesso in scena come pupazzo che, in un gioco di presenza-dissociazione dal sé7, assiste alla rappresentazione del suo inferno personale, fatto di stravaganti committenti-avvocato, uomini televisivi, nuovi sponsor e segretarie che tentano di persuaderlo a portare a termine il progetto di un film sull’Inferno dantesco8.
Fellini crea un meta-inferno terreno e privato, un inferno che è caduto a terra, i cui diavoli si sono incarnati nelle diverse figure che perseguitano il regista-fantoccio9, il quale ha visioni che corrispondono all’immaginario “collettivo” (ed abituale)dell’aldilà soltanto in stato di allucinazione.
Con questo Fellini sembra mostrare che abbandonarsi alle aspettative o alle paure immaginate per la vita ultraterrena, è un po’ come credere alle allucinazioni, nella misura in cui , se l’inferno è sceso in terra, è così reale che la vita stessa è già da considerarsi morte.
Anche Mastorna si ritrova in una dimensione di mezzo, tra inferno e paradiso, in un mondo differente, leggermente deviato, ma pur sempre terreno, che ricorda molto il mondo onirico dove gli atteggiamenti umani sono esasperati e nulla funziona più seguendo i principi di causa-effetto, di identità, 11…
Ne Il viaggio di G. Mastorna il momento di passaggio tra le due dimensioni viene veicolato da quella che avrebbe potuto essere una lenta dissolvenza al nero: “un grande aereo di linea vola ad altissima quota sopra uno sterminato mare di nubi (…)” poi “improvvisamente tutto si oscura(…), fuori è quasi buio, (…), il piccolo schermo cinematografico si è spento(…), di colpo tutte le luci di bordo si spengono, (…)” , ed “una gaia e assurda musichetta che invade a tratti l’aereo tra lo scrosciare della grandine e il rombo cupo dei tuoni(…)” accompagna musicalmente il black-out, finchè “ad un tratto tutto cessa come per incantesimo, (…) un pesante silenzio avvolge il volo cieco dell’enorme aeroplano, che procede ora liscio e frusciante, come se i motori fossero spenti12”.
Attraversata la tempesta M. si ritrova ancora nell’aereo, in mezzo agli stessi passeggeri, durante l’ atterraggio nella piazza principale di una sconosciuta ma famigliare città tedescofona13.
Dopo il ‘salto’ Mastorna prenderà gradualmente coscienza del passaggio ad un nuovo mondo attraverso piccoli indizi che lasceranno trasparire le incongruenze tra il mondo di provenienza e quello nuovo.
Di fronte ad avvisaglie, indizi, stranezze che lo “illuminano” pian piano , M. scopre nel mondo che lo circonda l’impossibilità di compiere quei gesti che nella sua quotidianità seguivano un certo criterio logico ora sovvertito.
Il mondo immaginato e pseudoterreno in cui si ritrova mantiene infatti formalmente le stesse dinamiche terrene che si trasformano qui in meccanismi inceppati, situazioni apparentemente “normali” che si risolvono in giri a vuoto, e stanno forse volutamente lì a dimostrare che la morte è la fine di ogni legame con la logica terrena14.
I primi segni di alterazione dell’ordine arrivano da subito, già quando M. giunto al Motel manifesta alla reception la necessità di partire immediatamente viene a sapere che i collegamenti con l’Italia sono interrotti, che tutto è guasto, ed ancora quando vuole inviare un telegramma “si alza sulla punta dei piedi e vede che al di là della lunga fila di persone che attendono di telegrafare “ per scoprire che “ dietro ai vetri degli sportelli non c’è nessuno15” perché gli impiegati stanno mangiando16. E più avanti, quando tutti i gesti abituali che compie nella camera d’albergo non producono la re-azione aspettata (M. tenta di suonare il violoncello e lo strumento produce un suono rarefatto, squilla il telefono e risponde Tubino, uno perfetto sconosciuto che dice di conoscerlo ma cade la linea, accende la TV e sullo schermo in una trasmissione disturbatissima appaiono volti senza suono che lo fissano …). Insomma oggetti, ruoli, istituzioni che sono di primo acchito identici agli abituali, sono qui microdeviati e virano in situazioni-non risolte, in circuiti infernali di impossibile risoluzione.

2-Sogno o son morto? Regole del sogno/ regole della morte

2.1 La rivelazione

“Io non credo che ci sia la possibilità di dare una definizione, di porre una linea di divisione così netta tra il passato, il presente e il futuro, l’immaginato, il ricordo di qualcosa che è veramente accaduto (…) io non penso che chi per professione ha scelto o ha seguito la vocazione di raccontare delle storie sia in grado di distinguere. Nel momento in cui crea un piccolo universo questa creazione è totale cioè è un universo completo anche nel tempo, non soltanto nello spazio.17”

In questo senso risulta inutile definire se il viaggio di M. sia un viaggio nell’aldilà o un viaggio nell’inconscio, anche perché quel mondo in cui Mastorna si ritrova assomiglia al nostro come vi somigliano i sogni: le persone, le abitudini, spesso i luoghi che incontra sono consueti , “solo che come nei sogni, (e i sogni in questo sono un’utilissima anticipazione, con valore didattico) nell’aldilà non ci si meraviglia delle stranezze, anzi tutto è percepito come naturale, come se vigesse una legge leggermente diversa, e ad esempio il principio di causa effetto non fosse così inderogabile, o il principio d’identità (per cui tal dei tali è lui ma anche un altro).18”
Tuttavia Mastorna quando alla stazione vede passare in treno Venturini, un suo compagno di classe morto quattro anni prima, deve fare i conti con la propria natura razionale perché quell’avvisaglia gli instilla il dubbio di essere piombato in un aldilà dall’apparenza inaspettatamente terrena19 .
Fellini stesso si chiede “Quali possono essere le reazioni di M. quando lo sconvolgente sospetto di essere morto gli fa scoppiare il cuore ed il cervello?
Con tutto l’attaccamento alla vita, con tutta la forza della nostalgia e la sua paura, con la disperazione di chi non può accettare l’inaccettabile, M. grida sotto le immense volte della stazione che non è vero, che non può essere vero, non deve essere vero (…)stravolto, appassionato, reclama il suo diritto alla vita davanti ai volti impassibili dei controllori, dei ferrovieri, dei macchinisti.”20
La reazione che ha è del tutto umana: fulminato dalla rivelazione, tenta di scappare ed urla disperato che “ No… non può essere, … io non sono morto!… Non posso essere morto! ..(si tocca la faccia e le braccia).. io mi tocco… io mi sento.. io sono fatto di carne.. il mio cuore batte.. io sento.. io vedo non può essere.. non può essere riportatemi indietro!…“21, ed è pronto a dimostrare di esser vivo facendo l’amore con la Hostess.
Subito dopo in una visione, nella pupilla della Hostess, gli appare la scena della distruzione dell’aereo e vede la sua morte attraverso “ tutto ciò che è rimasto del suo povero corpo”22.
Gli indizi vanno tutti a confermare che il protagonista è morto, ma la sua presa di coscienza tarda a realizzarsi, forse perché non è spinta da una contingente necessità, poiché, anche qualora morto, si troverebbe dopotutto in un inferno che non è diverso o “peggiore” rispetto al mondo terreno (o forse più semplicemente perché in questa dimensione immaginaria- infernale- narrativa non ha più senso parlare in termini di vero o falso….)
Mastorna si risveglia dalla visione ( è il risveglio da una visione all’interno del viaggio visionario, in quello che è un meccanismo narrativo a scatole cinesi) e si ritrova sulla brandina d’infermeria attorniato da tre o quattro persone 23, subito il vice-capostazione gli chiede documenti e destinazione, poi due altre apparizioni si susseguono: quella del suo insegnante di religione ed un colonnello.
E’ a questo punto che Mastorna apre il dubbio che non si tratti di morte ma di un sogno, e rigiratosi verso il muro “come rifiutando di accettare la realtà di quelle persone che gli stanno intorno, fiocamente Mastorna prende a parlare:
-Non credo ad una parola di quello che dite. Non voglio riconoscervi. Sto sognando e mi sveglierò presto. E se non posso ancora svegliarmi, voglio cambiar sogno. Da bambino mi riusciva di mutare il corso e le immagini dei miei sogni.- 24“

2.2 La clinica del’oblio ed il rogo della memoria

“La memoria è una componente misteriosa, quasi indefinibile, che ci lega a qualcosa che forse non ricordiamo nemmeno di aver vissuto, ma che però ci sospinge continuamente ad entrare in contatto con dimensioni, avvenimenti, sensazioni che non sappiamo definire, ma che sappiamo esserci stati.25”
La memoria come elemento di mistero che riaffiora inaspettatamente è un tratto caratteristico del nostro essere “umani”, e ,secondo Fellini, sarebbe un potenziale ostacolo, in caso di passaggio al mondo ultraterreno, perchè ci porterebbe a de-siderare la dimensione precedente .La nostalgia, segno di attaccamento ai rapporti, ai legami della vita, alle situazioni in sospeso, diventerebbe un’ossessione costante che impedirebbe ad un individuo, una volta trapassato, di crearsi una propria nuova identità.
“La persistenza dei ricordi che riaffiora sempre con straziante nostalgia, i ricordi come bilancio, come legame con la terra, qualcosa che perseguita ed incalza e che non lascia tregua, continuano ad ostacolare M. nel suo viaggio” ma più che i ricordi veri e propri, annota Fellini, ad ossessionarlo sono “ le idee dei ricordi: strazianti mostruosità mummificate, perché conservate gelosamente per anni ed anni, gocciolanti umidità sentimentali (…)”
In un viaggio nell’aldilà , prima della liberazione dell’anima, deve esistere allora una forma di ‘pulizia’ da questo tormento tutto umano legato al ricordo, o meglio alle idee di ricordo.
Ad una prima stesura per Il viaggio di G. Mastorna, Fellini aveva pensato ad un approdo di M. alla “Clinica dell’oblìo” , dove “ in ambienti di casa di cura reale, (…) fanno di tutto per liberarlo dalle basse nostalgie della terra”.
Nella clinica vengono cancellati i ricordi facendo depositare agli ospiti le fotografie (rappresentazioni cui la memoria si aggancia per la creazione di quelle idee di ricordo di cui parla Fellini) della moglie e dei figli in un archivio in vista di “una rapida disintossicante cura dagli umori terreni” 26.
Ed ancora, per cancellare l’ ostacolo terreno della memoria attraverso l’azzeramento dei legami, M., una volta arrivato nel paesaggio ventoso della “Clinica dell’oblio”, veniva posto di fronte ad una prova molto difficile: quella di “assistere (..) alla distruzione, al massacro, allo smembramento, alla lenta torturante uccisione delle persone che più ha amato in vita.27”
Una soluzione abbastanza truce, questa, che prende, nella stesura del 1966 un tono diverso: niente più Clinica dell’oblìo, la resa dei conti con il fattore memoria avviene in un “buco spazio temporale” che parte dal Camposanto: Mastorna ha seguito il becchino fino al cimitero dove trova la propria Cappella di famiglia, ridotta in uno stato di desolazione e sfacelo. A quel punto appare “la Jole” (figura della sua infanzia, la balia, poi rimasta ai servizi della famiglia), in bicicletta, che lo porta alla “Casa della stirpe” a visitare i suoi genitori28.
E lì, dopo l’incontro con le sorelle, con il padre e la madre, M. viene condotto giù, nell’orto-giardino, dove “attorno ad un’immensa tavola a ferro di cavallo, sono radunati a banchettare i parenti di Mastorna”28.
L’incontro con la stirpe che sta festeggiando contemporaneamente tutte le ricorrenze festive possibili, è un incontro con la sua memoria, in cui tutte le presenze, i volti, le voci diventano schiaccianti, ossessive.
M. oppresso da queste apparizioni insistenti si rifugia in un ripostiglio sul fondo del giardino “una specie di archivio, un museo della sua memoria (..)29” dove c’è tutto, giocattoli, quaderni, vestiti, scarpe,… e lì per salvarsi da quelle ossessionanti visioni ed uscire dal buio abitacolo dei suoi ricordi (o delle idee dei ricordi) M. dà fuoco a tutto.
Mastorna fa un rogo dei suoi ricordi, ma assieme a questi, involontariamente appicca fuoco a tutta la casa della stirpe, e quando se ne rende conto è ormai troppo tardi, ma provvidenzialmente mentre si aggira in mezzo alle fiamme per tentare di soffocarle una mano lo trae in salvo.
Al suo risveglio, in ambulatorio un medico commenta: “ Bravo, molto bravo! Ha bruciato proprio tutto eh? Nessun residuo di imbalsamazione vero? (…)Annullamento totale di tutte le bave sclerotiche della memoria? (…) Bel lavoro! Il ricordo è totalitario, passivo, tirannico, schiavizzante, e blocca la vita nel suo naturale sviluppo. L’altro giorno(…) ho paragonato la memoria ad una specie di orrido ed ottuso Saturno, che mangia i proprio figli: una sorta di libertà privilegiata concessa al presente (…)”30.
Con questo gesto inconsulto, che pare guidato da qualche istinto dell’inconscio, Mastorna ha cancellato di sua mano ogni legame con la vita terrena, in una sorta di autoliberazione dall’ostacolo che gli impediva di sganciarsi dagli attaccamenti materiali , ed ora può finalmente recarsi all’ “ufficio passaporti” per la necessaria identificazione, o meglio “individuazione”: un processo che finalmente, gli dicono, lo metterà in grado di crearsi un’identità nel nuovo mondo e di proseguire il suo viaggio.

2.3 Identificazione o individuazione

Di fronte all’indecidibilità della questione “sogno o sono morto?“ l’unico gesto che, in questo nuovo ordine della nuova dimensione, permette a M. di proseguire il suo percorso liberandosi del dubbio, è dimostrare la propria identità.
Già dall’inizio del suo viaggio M. aveva riscontrato l’impossibilità di far riconoscere la propria identità alle autorità: al primo tentativo di consegnare il suo passaporto al capo vigile, l’autorità, senza nemmeno controllarlo, gli aveva fatto capire che quello non era il documento che serve ad identificarlo.
In questo mondo l’identità di Mastorna è un’altra: o meglio, quel che conta della sua identità è altro da quel che conta sulla terra.
Non si sta tanto a guardare a dati anagrafici, professione, stato di famiglia, fedina penale, quello che conta qui, in questa dimensione, è la “sistemazione o individuazione31, come alcuni preferiscono chiamarla, senza la quale il proseguimento.. (…) del viaggio riuscirà impossibile (…)32”.
Per venire “individuati” serve quella che Fellini definisce “La prova dell’ autenticità 33”, che consiste nel ritrovare un documento tutto particolare che provi l’ identità di Mastorna.
Nella fattispecie, gli riferiscono, si tratta “di trovare un momento, un piccolo momento della sua vita… un momento anche qualunque, insignificante… in cui lei, proprio lei, sia stato se stesso… una volta almeno, una sola.34”
Per l’identificazione Mastorna viene accompagnato all’ufficio passaporti, fuori dal quale c’è una lunga fila di gente , una folla, che, come lui, attende di provare la propria identità .
In una sala la giuria di personaggi legati alla sua vita 35 è lì pronta ad esprimere un giudizio36. La giuria ed il protagonista assistono alla proiezione del film della vita di Mastorna cercando insieme quel momento in cui egli è stato veramente se stesso. Rivedendo alcuni momenti della vita di M. si decidono alla fine su di un gesto che decretano sia autentico: si tratta di una smorfia, una linguaccia, che M., dall’interno di un’auto, rivolse ad un cane.
Il fotogramma relativo a quel momento di spontaneità viene tagliato dalla pellicola della vita di M. e diventa il suo nuovo documento.
In questa dimensione Mastorna ora è “uno che quando non sa cosa fare fa le boccacce ai cani dentro le automobili37”, e dopo questa identificazione può proseguire il suo viaggio, portando con sè come segno della sua vita terrena un unico, ininfluente “autentico” momento della sua precedente esistenza.
La scelta della giuria pare cadere proprio su uno di quei gesti che fanno parte del serbatoio memoriale sotterraneo, in cui vengono custoditi i momenti che non ricordiamo di aver vissuto, un archivio ancor più privato e nascosto di quel museo della memoria che stava in fondo al giardino della Casa della Stirpe di M.
Con questa distinzione di provenienza della memoria, il regista sottolinea la differenza tra il patrimonio inconscio 38, personale ed incancellabile (ma anche sconosciuto), da cui non si può prescindere per una definizione di identità dell’individuo, ed un patrimonio memoriale superficiale, famigliare, “pubblico” che sclerotizzato in oggetti e monumenti fotografici bloccherebbe l’affermazione della personalità, e che quindi va cancellato (o bruciato!) per proseguire il percorso di liberazione dell’anima.

2.4 il ‘risveglio’/ la liberazione: una conclusione a cerchio
“è stato tutto un sogno o vita e morte si equivalgono?”

In un succedersi veloce di avvenimenti e visioni, M. viene portato all’aeroporto, in un viaggio in auto con due coniugi di mezz’età che sono copia identica dei suoi genitori39, e nell’attesa del proprio volo, di fronte all’apparizione di Armandino (che pare non vederlo e non sentirlo) fa un monologo di riflessione su quel che gli è successo: “Sono contento di andarmene. Molte volte, durante questo viaggio, mi è sembrato che non mi importasse più di partire(…) la stanchezza, la nausea, lo sconforto, mi rendevano desiderabile qualunque posto. Tutto mi sembrava meglio della vaga, insensata, indecifrabile prospettiva di una partenza. Non sono convinto di aver capito un granchè di tutto quel che mi è successo; ma ora ho solo un sentimento che mi possiede: andar via, partire. Qualunque cosa possa aspettarmi sarà preferibile al caos di questa vostra città” .
M. riconosce di essersi addormentato in un sonno il cui torpore lo aveva ottenebrato a tal punto da fargli perdere di vista la propria volontà.
Salito sul suo volo ballonzolante (alla cui guida c’è, al posto del pilota ufficiale che si è addormentato, una bambina cinese) arriva in un paesaggio di montagna dove si trova di fronte ad una strada che sembra senza fine.
E’ arrivato il momento in cui finalmente M. può partire, “perché ha superato tutte le prove, si è liberato delle sue idee preconcette, ha deposto gli errori delle sue interpretazioni della vita, si è liberato della nostalgia delle sensazioni e dal ricatto del sentimento.40”
Ora M. è al bivio di nuovo tra le due dimensioni, ma questa volta è attraverso la sua volontà che prenderà uno dei due sentieri, poiché ora è sveglio e cosciente. Ed ora, nel passare a ritroso tra aldilà ed aldiquà, se giarda all’indietro ha la facoltà di osservare la città che ha appena lasciato senza nostalgia, ma se getta lo sguardo in avanti, verso il sentiero che lo riporterà a casa, qualcosa di inatteso lo sorprende, nelle profondità più intime del suo cuore: “non è un ricordo preciso, non è la memoria di una persona cara, non è nemmeno un sentimento indefinibile, ma è tutto questo insieme e ancora di più. E’ il senso, il profumo di ciò che è stata la sua umanità, il suo essere uomo, la sua vita, espressa in un solo battito del cuore”.
Il personaggio si blocca a questo bivio, perché da qui non riesce ad avanzare41, come paralizzato di fronte alla presa di coscienza della propria condizione umana vista da fuori…42
In questa giostra di sentimenti del tutto umani, in questa condizione di confusione commista a serenità Mastorna prende un sentiero, e al di là del monte trova una città, Firenze, con tutte le sue visioni consuete e famigliari.
Camminando arriva all’ingresso di un teatro in cui l’orchestra pare lì ad aspettarlo, pronta ad iniziare del concerto. Ed ecco che Mastorna prende il suo posto, imbraccia il violoncello e la musica inizia.

Il finale che riprende a spirale l’inizio, in cui il protagonista torna alla dimensione umana, ci fa contemplare l’eventualità che tutto il viaggio di Mastorna non sia mai esistito (nella realtà, ma è difficile parlare di reale quando ci si trova dentro una finzione letteraria…), che sia stato un sogno, o forse che l’aldilà somigli così tanto alla dimensione onirica che fare distinzione tra le due sfere sarebbe praticamente inutile.
Se leggiamo questo viaggio come il percorso di un’anima attraverso l’aldilà alla ricerca di una porta d’uscita, allora la sua pena è quella di ritrovarsi sola e smarrita in mezzo ad una folla di gente altrettanto persa, il non avere un’ idea, come gli altri, della propria identità né delle regole della nuova dimensione43.
Un viaggio che è un tuffo nel vuoto cui l’uomo è costretto per compiere quel processo di individuazione ed uscire dalla condizione che lo tiene schiavo di dinamiche che gli impediscono la rinascita.
Oppure un viaggio pre-natale nel purgatorio, in cui l’aldilà starebbe prima della nascita, ed attraverso il quale l’anima compirebbe una risalita al mondo terreno, simile al percorso dell’anima di Er per Platone, per raggiungere, alla sua uscita, la rinascita in un mondo “luminoso e chiaro come appare in certe felici giornate”44.

3-Patrimonio onirico per un immaginario dell’aldilà

Ne Il viaggio di G. Mastorna esiste sfera del sogno e della morte si incontrano già dal concepimento del soggetto poiché, in questo viaggio verso la morte (o piuttosto attra-verso la morte), è l’immaginario onirico del regista a far da serbatoio per quello, in conoscibile, dell’aldilà.
Fellini, frequentatore delle teorie junghiane, ha sempre dedicato grande attenzione alla propria dimensione onirica, considerata da lui una seconda vita parallela ma importante tanto quanto quella reale. Il Maestro annotava i propri sogni fedelmente in un taccuino45 che utilizzava come deposito di idee per i film, come se la messa in immagine delle sue visioni oniriche fosse un passaggio del proprio lavoro sull’inconscio.
In qualche modo esternando il proprio patrimonio onirico il regista rendeva il proprio inconscio attivo ed allo stesso tempo “pubblico”, quando, nel momento della resa in immagine, diventava fruibile a livello collettivo46.

Da tutta l’intricata vicenda che accompagna la mancata e sempre rimandata realizzazione del film47 su Mastorna, si capisce che questo soggetto in particolare, e molto più di altri, contiene un lavoro di rielaborazione dell’inconscio che per l’autore era talmente coinvolgente da bloccarlo di fronte all’atto della sua realizzazione.
Già dalle prime fasi del viaggio48 è riscontrabile una messa in scrittura del patrimonio onirico dell’autore: appena atterrato al suolo nel nuovo mondo il protagonista appare di spalle con il suo violoncello in mano, in un’immagine che ricorre nei sogni del regista il quale, in una di quelle che lui chiama visioni ipnagogiche, descrive: “nei sogni io mi vedo quasi sempre di spalle e coi capelli e più magro, cioè com’ero venti o trent’ anni fa…”49,
Ed ancora l’idea del volo in un piccolo aereo che atterra in una città indefinita del Nord50 e l’immagine della mano che preleva Mastorna dal “rogo della memoria “ che lui stesso ha appiccato (segno di una provvidenza salvatrice)51, sono suggestioni che Fellini preleva dai propri sogni (peraltro praticamente contemporanei alla scrittura del soggetto) 52.
La presenza dell’aereo torna ripetutamente nel “Libro dei sogni” di Fellini 53, e in particolare in un sogno, quello della notte del 7 marzo 1966 è possibile rintracciare una forte analogia con quella fase finale del viaggio in cui il M. riesce a prendere il “proprio” volo verso la sua meta. Nel soggetto Mastorna si ritrova in un aereo alla cui guida vi è una bambina cinese, poiché il pilota dorme ignaro di tutto54, mentre nel sogno Fellini riporta: “Volo nella cabina di guida di un aereo, c’è il pilota giovanissimo (..) siamo a quota 4000(…) c’è una sosta per verifiche e controlli e l’aereo deve arrestarsi all’imbocco di una galleria, il pilota è scomparso , tocca a me frenare e riesco a bloccare l’aereo poco prima del disastro, il suo muso d’acciaio si è fermato a breve distanza dalle garitte – controllo poste a destra e a sinistra dell’inizio del tunnel. Dentro ci sono due vecchie donne (le parche?) che sferragliano a maglia.55”, in cui quell’atterraggio nel tunnel delle parche è una possibile allegoria di un approdo ad un aldilà oscuro, sconosciuto .
E se al di là di quel tunnel per Mastorna esiste una città dalle regole sfalsate, per noi non esiste altro che un fumetto56 ed un non–luogo57.
Tutto quello che ci resta di questo viaggio è una città fatta di impalcature, allestita per una vita che non ha mai visto, un luogo onirico, sospeso nel tempo, un “campo di evenienza”58, in cui gli oggetti paiono dormire il sonno della morte, pregni comunque di quello spirito che la messa in scena del viaggio avrebbe dovuto donargli.
Un posto , quello, in cui chi ci vive vorrebbe anche morire:
Io vivo in una città chiamata
Mastorna che il sogno di un pazzo ha appoggiato sull’erba
una città inutile dove nessuno vive, nessuno ama, nessuno muore.
C’è un aeroplano inchiodato che non può sollevarsi,
e le botteghe hanno porte
di legno che mai si apriranno,
Mastorna, città triste e bella,
di una bellezza che amo sopra ad ogni altra, perché si chiama Demenza,
città di polvere e stracci,
come ogni cosa.
Io voglio morire a Mastorna,
essere sepolto in quella chiesa di carta dove non entrano preti.59

E poi si leva in una tempesta di neve , e il vento dell’imprevedibile nel suo turbine fa apparire Mastorna, di spalle , con il suo violoncello, ancora ignaro del suo lungo viaggio senza ritorno…
Bibliografia

– Fabrizio Borin – Carla Mele, Federico Fellini, Gremese editore, Roma, 1981

– Federico Fellini, Il viaggio di G. Mastorna , a cura di Ermanno Cavazzoni, Quodlibet, Macerata, 2008

– Federico Fellini, Das Buch der Träume/ Il libro dei sogni, Collection Rolf Heine Gmbh.&Co.Kg., München, 2007

-Federico Fellini – Milo Manara ,Il viaggio di G. Mastorna detto Fernet, Ciak racconta, suppl. a ciak n.9, editori del Grifo, Milano, 1992

– Federico Fellini-Milo Manara ,Creature di sogno , Hazard Edizioni, Milano, 2003

– Carl Gustav Jung, Tipi psicologici, Boringhieri, Torino, 1968

-Luigi Malerba, La composizione del sogno, Einaudi, Torino, 2002

-Dario Zanelli, L’inferno immaginario di Federico Fellini: Cose dette da F.F. a proposito de Il viaggio di G. Mastorna, Guaraldi/Gu.fo, Rimini, 1995

Filmografia
-Bloc notes di un regista , Federico Fellini, National broadcasting Company (NBC) -TV, USA 1969

-Federico Fellini: Sono un gran bugiardo / I’m a Born liar, Damian Pettgrew , Arte France,Uk/Fr 1992

– 8 e ½ , Federico Fellini, Cineriz-Francinex, IT/FR1963
-Giulietta degli Spiriti, Federico Fellini , Rizzoli Film/ Francoriz Production , It/Fr/Germ 1965

-Toby Dammit, ep. 9 in Tre passi nel delirio, Federico Fellini, It/Fr 1968 / Artwork & design, 2005

Documenti radio:

-Fellini alla Radio, I Radiodrammi degli anni ’40 di Federico Fellini, http://www.felliniallaradio.it

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