About Woody Allen’s Match Point

Irene Pozzi
La vita come Falso o come partita a tennis

1. Il Caso nel ruolo di Dio

“Colui che ha detto “Preferirei essere fortunato che buono” aveva capito tutto della vita: le persone non vogliono accettare il fatto che gran parte della vita dipende dalla fortuna. E’ spaventoso pensare quante cose sfuggono al nostro controllo. Ci sono momenti, in una partita di tennis, in cui la palla colpisce la parte alta della rete e per una frazione di secondo non sappiamo se la supererà o se cadrà indietro. Con un pizzico di fortuna la palla supera la rete e vinciamo la partita, ma senza fortuna la palla cadrà indietro e perderemo. “

L’incipit di Match Point, primo film della trilogia londinese di Woody Allen, ci rivela che il Caso è il protagonista dell’intreccio, ma leggendo tra le righe (e conoscendo l’autore), si intuisce l’esistenza di un protagonista mancato .
Certo sarebbe stato più facile (ma anche più scontato) se sin dall’inizio Allen ci avesse messi al corrente che, in questo partita, alla presenza del Caso si affianca un’assenza di enorme peso: quella di Dio.
Dice Allen a proposito di Match Point: “Dobbiamo prendere atto che l’universo è privo di Dio, che la vita è priva di significato, è spesso un’esperienza terribile, orrenda, senza alcuna speranza (…) ” ed allora, in questo Match che è la vita, il regista fa giocare il Caso nel ruolo di Dio, del demiurgo della situazione, aiutato dalla sua spalla destra, il Falso .
In una dinamica di doppio gioco, il Caso agisce da un lato come testimone del verosimile, del possibile, garante della verità della vicenda, e dall’altro, grazie ad un intervento finale che falsifica il verdetto, porta l’irrealtà e l’ingiustizia a livello del vero e del legale.
Entrando in gioco il Falso, la partita (che qui è la vita) verrà deviata dal vento della fortuna , e la pallina decisiva rimbalzerà fuori dal piano della morale, al di là del bene e del male in un universo in cui non esiste giudizio (che, ahimè, è il nostro) .
Nel caso di Match Point il tennista Chris Wilton si trova a giocare contro se stesso, sdoppiato in una partita uno contro uno.
In un crescendo di autofalsificazione il Chris irlandese originario, arrivato a Londra con sogni, etica e fede legati al suo dal passato , attraverso un processo di camaleontizzazione arriverà a cancellare la propria identità .
Il processo di annullamento del sé è lento ed imperfetto (o più semplicemente umano) perchè Chris non riesce a frenare il lato più istintivo del suo io: la passione.
La storia di amore e passione parallela a quella famigliare riporta i due Chris ( i due “io”) in campo, alla pari.
Ma di fronte al bivio tra istinto e comodità, l’egoismo e la paura di perdere una stabilità conquistata facilmente ( che comprende un salto di classe e, con questo, l’assimilazione di un modo di pensiero che appartiene all’alta borghesia), portano alla vittoria del Falso in Chris, che vede il crimine come via d’uscita per eliminare l’amante scomoda e incinta e ritornare alla normalità della routine famigliare.
La sfortuna (o fortuna) vuole per Chris che non esista alcun referente della morale (che altrove, come in Crimes and Misdemeanors, esisteva ) lasciandolo solo nello scomodo ruolo di giudice di se stesso.
In questo rastrellamento del proprio sentire, il suo io più intimo si comporta da cinico giustiziere di se stesso quando si rivela nell’unico momento visionario e magico della tragedia. E’ la coscienza di Chris che parla (con le parole di Allen) durante la visione delle due anime uccise, a caso ancora aperto, chiedendo la propria condanna:
“ Sarebbe appropriato che io venissi preso e punito, almeno ci sarebbe un qualche piccolo segno di giustizia…“ ed allarga l’intera vicenda con relativo giudizio alla sfera della Giustizia Universale.
Allora, grazie ad un rimbalzo s-fortunato, la mano del Falso distorcerà i fatti portando al verdetto sbagliato.
Deviando la lettura dell’omicidio, il Caso faciliterà la sospensione di ogni giudizio morale nei confronti di Chris, poiché, nella sua tragedia personale, nelle vesti del Giudice vi è una Legge terrena ( unica vigente in questo universo alleniano senza Dio) che decide per il Falso e quindi si rivela ingiusta .
Il finale è un happy-end al contrario, attraverso il rovesciamento del quale Allen conferisce un tocco inesorabilmente tragico a tutta la vicenda e, a livello superiore, un’amara riflessione sulla disgraziata natura umana.
Rientrato alla sua vita altoborghese e dopo la nascita del figlio avuto con Chloe, Chris pare aver dimenticato il crimine, ma la sua coscienza si rivela ancora nello sguardo finale fuori campo, che pare rispondere alla frase di augurio di Thom a suo figlio “Gli auguro più che di avere talento, di avere fortuna…”, sguardo che è anche un rimando alla nostra coscienza di spettatori, un invito a prendere posizione ( ed è il segno di apertura di senso che contraddistingue una presa di posizione registica).

2. Minoranze e Falso nelle dinamiche di Classe

Ambientando Match Point a Londra nel contesto altoborghese di casa Hewett, Woody Allen traccia una linea di raccordo oltreoceanica tra le varie High Classes (non sarebbe stato diverso se la vicenda fosse stata ambientata a New York, come da primo copione ) raccogliendo e mettendo in gioco alcune istanze classiche delle sue precedenti figurazioni del tragico . Il regista, nel passaggio dal contesto americano a quello europeo, allarga il raggio d’azione dei propri interrogativi sul tragico da una dimensione prevalentemente intima ed esistenziale (Crimes and Misdemeanors, Interiors ) ad una dimensione sociale (Match Point, Cassandra’s Dream).
Anche questa volta la struttura famigliare è una ragnatela che attira insetti estranei e collaterali, ma soprattutto “non adatti” alle dinamiche altoborghesi. Al centro del dramma vi sono i personaggi di Chris Wilton e Nola Rice , due giovani (rispettivamente un irlandese ed un’americana di Bolder Colorado) provenienti da basse estrazioni sociali emigrati a Londra in cerca di fortuna. Entrambi gravitano attorno alla famiglia Hewett in quanto promessi sposi dei due giovani figli Thom e Chloe , con il desiderio di cambiare la loro condizione di partenza.
Attraverso la trasposizione da NewYork a Londra, Woody Allen mette in discussione le dinamiche di potere legate al contesto americano ( e presenti in alcuni dei precedenti film del regista ).
La nazionalità americana, di solito dominante, diventa addirittura un ostacolo per Nola la quale, oltre a trovarsi rifiutata dal punto di vista professionale, deve lottare in continuazione con il giudizio severo ed acido dell’onnipresente madre di famiglia Eleonor Hewett che, non accettandola come nuora, la respingerà dal proprio nucleo famigliare .
L’irlandese Chris Wilton, di contro, va a giocare il ruolo dell’arrampicatore sociale che riesce a compiere il salto di classe “camaleontizzandosi” al nuovo ambiente . Il fatto che un irlandese si ritrovi in un ruolo di solito affidato all’ebreo povero ma astuto, trova radici nell’immaginario cinematografico ebraico-americano e l’analogia irlandesi-ebrei è storicamente giustificata da un background che li accomuna nel destino di prime minoranze portatrici di una nuova religione negli U.S.A. .
Come l’oculista ebreo di successo (e sicario) Judah di Crimes and Misdemeanors, Chris Wilton, seppur in maniera più blanda, fa riferimento alla Fede di suo padre e lo fa in uno degli unici passi in cui, prima di radere al suolo ogni memoria per omologarsi in toto al nuovo ambiente, fa riferimento alle sue radici.
Il riferimento però è sfuggente e subito deviato, come fosse un argomento tabù di cui egli si vergogna, forse a lasciarci intuire che la Fede è l’unica ed ultima traccia della propria identità irlandese ( in Chris, infatti, al soffocamento dell’identità corrisponde lo smantellamento della Fede ).
Entrambi i giovani emigrati entrano nella sfera della ricca famiglia inglese ed assaporano l’idea di un salto di classe che, nel caso di Nola fallisce a causa della disapprovazione della madre di Thom, Eleanor , e nel caso di Chris riesce ma in cambio di un prezzo troppo alto: il soffocamento di sé e della propria morale attraverso un crimine indelebile.
Quasi mettendoci di fronte ad una dinamica verghiana, Allen ci mostra qui un meccanismo di Classe falsamente aperto al cambiamento perché l’unico modo di accedervi passa attraverso la rinuncia totale del sé e la zelighizzazione dei propri sentimenti .

3. I caratteri e il Falso

Come agisce a livello macroscopico sull’intera vicenda, il Falso agisce anche a livello microscopico sui caratteri.
Si può rintracciare una diversità rispetto alla reazione e relazione con il falso a seconda dell’appartenenza sociale degli individui in questione.
In nucleo famigliare Hewett, altoborghese, composto dal padre, la madre Eleonor, i figli Tom e Chloe, reagisce alle palesi pressioni del Falso con indifferenza, con un atteggiamento di comodo volto ad impedire la nascita di ogni minimo sospetto sul pulito genero, cognato e marito.
Tra tutti spicca la figura della madre, che in qualche senso fa da eco alla figura della madre di famiglia ebrea, con la tendenza al controllo sulle vite dei figli, e che è la prima fomentatrice delle dinamiche del Falso, poiché i figli sono sempre falsamente liberi di prendere solo decisioni da lei approvate.
Il Falso “preme” su tutto nucleo famigliare Hewett quando Chris inizia la sua relazione clandestina con Nola, fino ad assumere un grado d’invadenza impossibile da ignorare quando l’amante scopre di essere incinta e chiama Chris continuamente costringendolo a scappare dai propri impegni famigliari e di lavoro.
Ad ogni apice di rivelazione del Falso la famiglia reagisce con tono giustificatorio e superficiale, quasi a non voler vedere il Vero per non scoprire il marcio. Verrebbe da dire che la famiglia Hewett, nonostante l’apparenza onesta e rispettabile, vive nel Falso e lo alimenta, facendo finta che non esista (tanto nei confronti di Chris, quanto nelle scelte sentimentali, nelle frecciate velate da falsi consigli della madre a Nola, nella falsa relazione di amicizia tra Tom e Chris,…).
Per quanto riguarda Chris, il portatore del Falso, egli si autofalsifica ed abbandona se stesso perdendo così qualsiasi orientamento, per seguire coscientemente il Falso e mentire a tutti coloro con cui intrattiene una relazione.
Egli mente alla famiglia Hewett, alla moglie, a Nola, alla segretaria, al datore di lavoro e persino all’unico elemento esterno alla faccenda: l’amico Harry, il cui incontro nel difficile momento in cui Chris deve scegliere tra Nola e la moglie, avrebbe potuto essere un’occasione di sfogo sincero per Chris .
Il dialogo tra Chris e Harry mostra che il processo di autoconvincimento di sé al Falso è già avanzato. Nel momento in cui Chris dice all’amico di non saper rinunciare ai propri privilegi nonostante l’amore per Nola, rovesciando la propria posizione iniziale e soffocando i propri sentimenti, noi spettatori ed Harry siamo di fronte al palesamento del suo passaggio al Falso, poiché la decisione dell’omicidio è già nell’aria. Richiamato dai detective ad un interrogatorio, Chris viene posto di fronte alla testimonianza del Vero: il diario in cui Nola ha annotato tutta la loro recente relazione.
Di fronte all’indiscutibile evidenza del Vero, Chris recita ancora mentendo a sé stesso e ai detective, impersonando la parte del futuro padre di famiglia pentitosi dell’adulterio ma mai capace di omicidio ( tentando di far leva sul “lato umano” del suo errore).
Tornato a casa, durante la visione delle due anime uccise, avviene l’unica manifestazione della sua coscienza che chiede una punizione a riprova dell’esistenza della giustizia in terra.
Ma il verdetto falsificato lo giudica innocente e pare rispondere al suo interrogativo dicendo: “non c’è giustizia in Terra: l’universo si muove seguendo le regole del Falso.”
Nola, la vittima, è l’unica a reagire con violenza alle pressioni del Falso.
Man mano che il tempo passa e le promesse di Chris non vengono mantenute e fino alla rivelazione della totale falsità dello stesso, essa si comporta come un meccanismo ad orologeria che arriva all’esplosione.
Il momento di manifestazione del Falso nella relazione, che avviene dopo l’ennesima richiesta di chiarezza da parte di Nola (quando Chris continua a mentirle dicendole che lascerà la moglie), viene veicolato dal movimento della macchina da presa e nella costruzione dei piani all’interno del quadro. L’inquadratura ci mostra in figura intera una Nola “reale” che rivolge lo sguardo a Chris (che rimane dietro la linea di ripresa, fuori campo) ed un Chris che appare sempre e solo riflesso allo specchio in profondità di campo. Tale messa in immagine ci pone, in quanto spettatori, in una posizione in cui solo noi abbiamo accesso, in quel momento, alla Verità: quello con cui Nola sta parlando è il doppio di Chris, il portatore del Falso, quindi un’immagine riflessa allo specchio.
Ma, anche se Nola è l’unica a rendersi conto del Falso e a reagire (in maniera nevrotico-uterina – analogamente a Dolores, personaggio a lei parallelo di Crimes and Misdemeanors -), non solo non riesce a combatterlo, ma finisce per diventarne vittima.
Vittima del Caso e del Falso, sacrificata per mantenere il belvivere di un giovane arrivista e di una famiglia dominata dal Falso.
Accanto a lei, figura collaterale ma importante nell’economia della trama, vi è la seconda vittima, l’anziana vicina di Nola, Mrs. Eatsby, vittima totalmente innocente per questo ancor più “sacrificale” di Nola, dato che sarà il suo omicidio a rendere plausibile il verdetto ingiusto dettato dal Caso.
In effetti nell’unico momento in cui la signora Eatsby si trova a confronto con Chris ha una piccola intuizione del Falso. Dopo averlo lasciato entrare nel suo appartamento (associatndolo ad un incontro precedente sul pianerottolo in compagnia di Nola), appena egli le si presenta come Chris Wilton essa ha un dubbio e dice tra sé e sé “Ma non aveva detto di chiamarsi Harrys ? ”. In effetti Nola lo aveva presentato alla vicina falsificandone il nome (per nascondere la relazione? ): una piccola crepa, questa, attraverso cui il dubbio del Falso si è insinuato anche nella vita della vicina.
I tutori della legge sono l’ultima riprova della vittoria del Falso e del comodo, se uno dei due si comporta accettando da subito la pista “pronta” offertagli da Wilton, il secondo, che pure parrebbe aver intuito la dinamica dei fatti in un’illuminazione notturna, si lascia presto convincere dalla falsa evidenza dell’anello.
L’anello è la palla decisiva del Match: appartenuto all’anziana vittima, diventato refurtiva nella tasca di Chris e rimbalzato sfortunatamente sul parapetto del fiume sulla strada, finisce altrettanto casualmente nelle tasche del capro espiatorio del delitto (un tossicodipendente rapinatore ucciso in una sparatoria nello stesso quartiere dell’abitazione Nola la notte dopo il duplice omicidio ) .
Non solo il Caso gioca un ruolo importante, ma anche i tutori della legge, prodotto della logica sociale perbenista, ne assecondano il corso dando via libera al Falso: Chris non ha precedenti quindi difficilmente può aver commesso un crimine, in più sua moglie aspetta un bambino, allora sarà meglio non indagare per non causare fratture famigliari.
Essi dimenticano che la natura umana non segue queste logiche, snaturando così l’intero processo di ricerca del Vero per deviarlo in quello della ricerca di un “giusto” per conformità e comodo sociale .

4. Sottrarre il tempo: alla ricerca delle radici del comico

Con Match Point Woody Allen, ormai sulla settantina, continua l’esplorazione dei generi cinematografici , affrontando il dramma (come aveva fatto già dalla svolta drammatica di fine anni ’70 in poi ).
Essendo il comico per W.A. “ tragedia più tempo ”, esplorare il genere tragico significa per lui cercarlo andando alle radici del comico e, poichè al centro del tragico vi sono vita e realtà , un ritorno al tragico comprende l’indagine più profonda di sentimenti individuali, dinamiche relazionali (spesso in contesto famigliare) e sociali .
La riflessione sui generi per Woody Allen comprende anche una metariflessione sul genere stesso, che, se altrove si risolve mantenendo all’interno della struttura filmica la presenza doppia e parallela di commedia e tragedia ( Crimes and Misdemeanors, Melinda and Melinda), in Match Point si manifesta attraverso la presenza costante dell’Opera Lirica , elemento che dimostra la scelta di genere dell’autore, e va ad assumere il ruolo di “coro” della tragedia .
Considerando la trilogia londinese come nucleo, si può tracciare una linea di raccordo tematica che supera la differenza dei generi.
Dopo il dramma senza giudizio di Match Point (nel quale, come già in Interiors, si registra una voluta assenza di Woody Allen dal cast, per mantenere la vena drammatica), in Scoop il regista passa all’esplorazione del genere giallo. Il film tratta di una serie di omicidi, compiuti da un serial killer impunito ( il misterioso londinese “killer dei Tarocchi”), il cui caso è stato ormai socialmente archiviato. Il prestigiatore Salvini (Woody Allen), durante ad un atto di prestigiazione con una giovane giornalista pescata dal pubblico, riapre involontariamente il caso, materializzando l’anima di un giornalista morto che conosce la verità sul killer. L’incontro fortuito tra la cavia del numero di magia e l’anima del giornalista induce la ragazza ad investigare sul caso finchè il Vero vincerà sul Falso. Ma, nonostante sia un giallo con happy end, esiste una vittima: il prestigiatore Salvini (alias W.A.), che sacrificherà la propria vita durante il momento di apice drammatico schiantandosi con l’auto addosso ad un albero (ancora una volta Allen gioca coi generi , e usando questo gesto stupido e umano ribalta il momento tragico in comico). La linea di continuità con Match Point si trova nella ridiscussione della presenza di una morale in Terra . In Scoop il giudizio ingiusto, come fu il verdetto di Match Point, viene rimesso in gioco, ma, dato che il tutto avviene in contesto di giallo “ibridato” col comico e col visionario, la vicenda assume un’aura di irrealtà.
Sembra che Allen ci metta in guardia: la tragedia, avendo il reale come materia prima, non ha possibilità di esito morale, ma in un ibrido , in cui l’arte torna al centro del discorso al posto della vita, vi è possibilità si sdrammatizzare, perché stiamo fingendo, cioè siamo nella dimensione del Falso.
Nel successivo Cassandra’s dream, un thriller ancora alla ricerca della morale perduta, la tragedia trova la sua apparente risoluzione nella morte dei colpevoli e la riflessione drammatica va più a fondo, scavando nella coscienza individuale.
Il delitto, che avviene nel nome della “famiglia”, in realtà viene commesso per brama di soldi da parte di due fratelli inglesi –questa volta di periferia- (Ian e Terry), che inseguono l’abbaglio dell’ American dream per compiere un salto di classe .
I due fratelli commettono un omicidio mandati dallo ricco zio d’America, per ottenere favori di tipo lavorativo e monetario.
La vittima dell’omicidio, tra l’altro, anche qui è un “giusto” , un uomo che, indagando sugli affari del ricco zio (dall’attitudine mafiosa) avrebbe scoperto degli imbrogli e sarebbe pronto a dichiararli.
Ucciso il “giusto” i due fratelli tornano alle loro vite, ma uno dei due, Terry, il più debole, già titubante dall’inizio e consapevole dell’irreversibilità di un tale gesto, torturato dal rimorso di coscienza, comincia a pensare di dichiarare tutto (promettendo al fratello di mantenerlo fuori dalle accuse). Lo zio, sapute le intenzioni di Terry, ordina ad Ian di ammazzarlo (ancora una volta con la scusa di “proteggere” se stesso), e a questo punto il dramma si incrina: il fratello forte , nel momento di uccidere il debole, si blocca e lo aggredisce supplicandolo di cambiare idea. Reagendo alla violenza con un colpo sbagliato, Terry uccide Ian e resosi conto di aver ammazzato il fratello, si suicida.
Questo finale contiene una delle deviazioni possibili di Match Point (come di Crimes and Misdemeanors ): l’autopunizione. Ma Terry (a differenza di Judah e Chris Wilton) è un individuo che non è forte abbastanza da far fronte ai propri gesti : in esso azione e riflessione non coincidono perchè egli è debole e diverso, non abbastanza inserito nel modo di pensare comune ( e socialmente diffuso) per reggere un peso così grosso. E’ la troppa umanità più che la coscienza a deviare il finale di questo dramma in un fortuito selfpunishment delle due braccia dell’omicidio.
D’altra parte lo zio d’America (che è il vero “ingiusto”), socialmente inserito, potente, potenziale aggancio per la realizzazione del sogno americano, rimane lì, nel suo impero, impunito ed insospettato.
Dunque anche qui Giustizia non c’è.
Ed ancora una volta Allen ci sta dicendo ( attraverso le parole di Angela nella rappresentazione all’interno della rappresentazione ): “life is a tragic experience”.

Bibliografia

-Elio Ghirlanda, Annamaria Tella, Woody Allen, Firenze, La Nuova Italia 1990
– Fabrizio Borin, Woody Allen, Roma, Gremese, 1977
-Freedonia. Cinema comico ebraico americano, a cura di F. Borin, Comune di Venezia, Comune di Modena 1982
-Woody Allen, Eric Lax, Conversazioni su di me e tutto il resto, Milano, Bompiani, 2008
-Woody Allen, Saperla Lunga, Citarsi Addosso, Effetti Collaterali, Milano, Bompiani 1973

Filmografia

-Everything you always wanted to know about sex* ( *but were afraid to ask), directed by Woody Allen, Rollins-Joffe Productions, U.S.A., 1972

-Interiors, directed by Woody Allen, a Robert Greenhut production, U.S.A. 1978

-Crimes and Misdemeanors, directed by Woody Allen, a Robert Greenhut production, U.S.A. 1989

-Match Point, directed by Woody Allen, a BBC film production, England, 2005

-Scoop, directed by Woody Allen, a BBC film production, England, 2005

-Cassandra’s Dream, directed by Woody Allen, a BBC film production, England, 2007

Tracce audio

– O figli figli miei , Macbeth, Giuseppe Verdi
– Desdemona, Otello, Giuseppe Verdi

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